Per quali cause può cessare il contratto di lavoro a termine? Il licenziamento, la risoluzione consensuale e le dimissioni del dipendente. Di recente sei stato assunto da un'azienda con un contratto a tempo determinato. Anche se ben sai che un dipendente a tempo indeterminato può essere licenziato in qualsiasi momento, un contratto del genere ti avrebbe dato maggiori opportunità, consentendoti di chiedere un mutuo per la casa, pianificare le spese familiari, dormire più sereno. Tant'è: ora la tua speranza è che, alla scadenza, il rapporto di lavoro venga rinnovato. A fronte di questa condizione precaria, ti chiedi se la legge prevede maggiori garanzie a chi, come te, è a termine rispetto ai colleghi che invece sono "fissi". In particolare, vuoi sapere se si può licenziare un dipendente a contratto a tempo determinato. Il datore di lavoro può interrompere il rapporto prima del termine di scadenza? E se lo fa, come può tutelarsi il dipendente? Chi ha un contratto a tempo determinato ha la certezza che il rapporto di lavoro proseguirà quantomeno fino alla scadenza indicata all'atto dell'assunzione o può essere ugualmente mandato via per una ristrutturazione o magari perché le sue mansioni non sono più necessarie?
Vincenzo Pinto / Afp Alessandro Di Battista Il 19 giugno, ospite a Otto e mezzo su La7, l'ex deputato del Movimento 5 stelle Alessandro Di Battista ha detto (min. 12:37) che con il decreto Dignità ci sono stati "205 mila contratti a tempo indeterminato in più". L'ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha invece scritto su Twitter che la misura approvata dal governo "sta avendo effetti positivi sulle conversioni dei contratti, insieme però a effetti drammatici su mancati rinnovi". Ma come stanno davvero le cose? Abbiamo verificato. Di che cosa stiamo parlando Il cosiddetto "decreto Dignità" è il decreto-legge n. 87 entrato in vigore il 13 luglio 2018 e convertito in legge il 9 agosto 2018, con alcune modifiche. Il testo ha introdotto diverse novità, soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro. In particolare, con questo decreto Movimento 5 stelle e Lega si sono posti l'obiettivo di contrastare il precariato, cercando di aumentare le assunzioni a tempo indeterminato.
Sia che il lavoratore rassegni le proprie dimissioni, sia che il datore di lavoro proceda allo scioglimento del vincolo per giustificato motivo oggettivo (difficoltà strutturali) o soggettivo (esempio lo spirare del termine di comparto in caso venga superato il limite massimo per il congedo per malattia) entrambe le parti sono tenute ad indicare un preavviso durante il decorso del quale non deve essere versata una indennità di preavviso e durante il quale il rapporto è ancora esistente a tutti gli effetti. Come utilizzare il seguente documento? Attraverso questo documento si potrà: stabilire l'identità del Datore di lavoro e del Lavoratore; indicare le mansioni che dovrà effettuare il Lavoratore per il Datore di lavoro; indicare, nel caso si conoscesse, il CCNL di categoria con annesso livello del lavoratore; stabilire se il contratto è a tempo pieno o part-time; indicare la distribuzione lavorativa durante la settimana; stabilire se si vuole inserire o meno un patto di non concorrenza; stabilire se si vuole inserire o meno un periodo di prova.
La durata del periodo di prova è stabilita dal CCNL di riferimento, con un decorso di massimo 6 mesi. Deve essere convalidata da una clausola all'interno del contratto, quindi sottoscritta da entrambe le parti. Recesso e cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato Per cessare un contratto di lavoro a tempo indeterminato è necessario un atto di recesso, che deve essere redatto in forma scritta dall'azienda e in via telematica dal lavoratore (ad eccezione di alcuni casi specifici). Il recesso può essere una scelta operata da parte del lavoratore ( dimissioni), del datore di lavoro ( licenziamento), oppure concordato con consenso comune di entrambe le parti.
Non prima di un mese, però, in quanto entro tale periodo gli basterebbe pagarti una maggiorazione per essere in regola. Tu devi accettare la proroga del contratto...... quindi devi firmare un foglio in tal senso..... Per la proroga è richiesto il consenso del lavoratore (non saprei se per iscritto o se basti il solo consenso verbale). La stessa è ammessa per una sola volta e per ragioni oggettive. Se vuoi sapere se il rapporto di lavoro prosegue regolarmente, ti devi recare presso il Centro per l'Impiego di residenza portando il Codice fiscale, loro accedendo alla banca dati del Ministero del Lavoro, diranno come stanno le cose. Ciao Vai a rileggere il primo contratto e verifica che ci sia la clausola che lo rinnova se non disdetto. Se non c'è chiedi (con fermezza) che ti venga fatta almeno una comunicazione di proroga. non so se sia normale, io quest'estate ho lavorato e ogni volta che mi prorogavano il contratto dovevo firmare, poi non so se si può anche non!! tu sei assunta fino alla data che cè scritta sul contratto, dopo quella non sei piu assunta... se non hai firmato niente vuol dire che sei in nero... le cose sono 2: o ti lascerà a casa da un momento all'altro e te non puoi fare niente.. oppure ti tiene ma non paga le tasse su di te fino al prox contratto... e te non sei coperta da malattia e infortunio..
Una novità conseguente alla fine delle ragioni giustificatrici è rappresentata dal fatto che il Legislatore ha cancellato il comma 2 dell'art. 4 (l'onere della prova della esistenza delle stesse a carico del datore di lavoro) in quanto esso era divenuto del tutto superfluo. Il problema della applicabilità delle nuove regole ai contratti in essere stipulati prima del 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del D. 34/2014) è stato risolto dall'art. 2 –bis (introdotto in sede di conversione) il quale afferma che le modifiche introdotte con l'art. 1 (contratti a termine) e con l'art. 2 (contratti di apprendistato) si applicano unicamente ai rapporti di lavoro instaurati a decorrere dalla data appena citata, fermi restando gli effetti già prodotti dalle disposizioni del D. 34/2014 (prima delle modifiche) che è stato in vigore dal 21 marzo al 19 maggio u. s.. Detto principio non è altro che l'applicazione di quanto previsto, in via generale, sotto l'aspetto civilistico, secondo cui nei contratti si applicano le regole vigenti al momenti della loro conclusione.
Si può verificare un altro caso, ovvero il datore di lavoro può assumere con un nuovo contratto a tempo determinato, che non sia una proroga dei precedenti, e per essere legittimo devono essere passati 10 giorni dall'interruzione dell'ultimo contratto di lavoro durato 6 mesi, oppure se dalla chiusura di un contratto della durata di più di 6 mesi sono passati 20 giorni; al contrario il contratto passa automaticamente a tempo indeterminato. Leggi anche: Contratto apprendistato, stipendio e ferie Contratto di stage: cosa prevede
È consentito superare il limite imposto solo nei seguenti casi: sostituzioni di altri lavoratori, il che rientra nella categoria delle esigenze temporanee, estranee all'attività ordinaria; esigenze aziendali legate a incrementi dell'attività lavorativa significativi e non programmabili. In tutti gli altri casi, l'accordo tra le parti passerà automaticamente a tempo indeterminato una volta superato il limite dei 12 mesi. Ma anche in presenza delle causali sopraelencate, il rapporto di lavoro non potrà in alcun caso superare il limite di 24 mesi complessivi, in riferimento a mansioni di pari livello. Rinnovo contratto a tempo determinato Rinnovare un contratto a tempo determinato, invece, consiste nell'attivare un nuovo contratto a tempo determinato a un dipendente che in precedenza è già stato inserito nel gruppo aziendale a termine. Deve intercorrere in ogni caso uno stacco temporale tra i due rapporti attivati. La legge impone alcuni parametri che, se non rispettati, trasformano il rapporto a tempo indeterminato: 10 giorni di stacco temporale nel caso in cui il rapporto precedente abbia avuto una durata pari o inferiore a 6 mesi; 20 giorni di stacco temporale nel caso in cui il rapporto precedente abbia avuto una durata pari o superiore a 6 mesi.
Home Editoriale Le proroghe nei contratti a tempo determinato [E. Massi] Tra le novità più importanti rilevabili nella disciplina dei contratti a termine dopo le profonde modifiche introdotte con la legge n. 78/2014, spicca quella delle proroghe. L'esame che intendo effettuare con questa riflessione riguarda non soltanto l'istituto ma anche le possibili correlazioni con altri "passaggi normativi" non toccati dalla legge di riforma. Ma, andiamo con ordine partendo da ciò che il D. n. 368/2001 affermava fino al 20 marzo 2014. La proroga, secondo il vecchio art. 4, era strettamente legata al singolo contratto e poteva essere prevista anche per un periodo superiore al termine iniziale (e, comunque, entro il tetto massimo dei 36 mesi) a condizione che vi fosse il consenso del lavoratore, che si riferisse alla stessa attività lavorativa e che, infine, sussistessero ragioni oggettive. Ora, ferma restando la previsione dell'originario D. L. 34/2014 che prevedeva ben otto proroghe nell'ambito dello stesso contratto (e che è stata superata dal testo definitivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale la sera del 19 maggio u. s.